L’Io in rapporto con se stesso e con gli altri, nel romanzo Uno, nessuno e centomila, il grande capolavoro di Luigi Pirandello
Numerosi libri hanno fondato la loro storia su un tema molto importante e, al tempo stesso, complesso; l’ego in relazione con se stesso e con l’altro. Oggi osserviamo l’interpretazione che ne ha dato Luigi Pirandello nel suo romanzo Uno, nessuno e centomila, pubblicato nel 1926, un classico della letteratura di tutti i tempi, dal significato profondo e particolare, fondamentale per capire le dinamiche dei rapporti tra gli esseri umani e le loro personalità.
Lo scrittore siciliano in questo che è il suo ultimo romanzo, quello che porta a compimento, in un certo senso, tutta la sua opera drammatica e il suo pensiero, affronta il tema ponendoci di fronte a un’attenta riflessione; la visione che ognuno di noi ha di se stesso e l’impressione che ha la gente di noi non sono ferme, ma cambiano costantemente. Il titolo dell’opera è emblematico: uno rappresenta l’immagine che ogni essere umano ha di sé, nessuno è ciò che il protagonista della storia sceglie, alla fine, di essere e centomila ritrae, chiaramente, l’immagine che gli altri hanno di noi.
Il protagonista del romanzo, Vitangelo Moscarda, vive un vero e proprio dramma, perché devastato dal pensiero che la sua visione della sua personalità non è la stessa che la moglie percepisce di lui.
Che fai? – mia moglie mi domandò, vedendomi insolitamente indugiare davanti allo specchio. – Niente, – le risposi, – mi guardo qua, dentro il naso, in questa narice. Premendo, avverto un certo dolorino. Mia moglie sorrise e disse: – Credevo ti guardassi dalla parte che ti pende. Mi voltai come un cane a cui qualcuno avesse pestato la coda: – Mi pende? A me? Il naso? E mia moglie, placidamente: – Ma sì, caro. Guàrdatelo bene: ti pende verso destra.
Vitangelo Moscarda, dunque, comprende chiaramente che ogni essere umano crea nella sua mente una visione soggettiva di ciò che ogni singolo individuo rappresenta, in base a delle supposizioni; nella società un uomo non è “uno” agli occhi degli altri, ma è “centomila” individualità.
Ma voglio dirvi prima, almeno in succinto, le pazzie che cominciai a fare per scoprire tutti quegli altri Moscarda che vivevano nei miei più vicini conoscenti, e distruggerli ad uno ad uno.
L’esistenza dell’essere umano, dunque, viene annullata; non essendo considerato come concretamente è, o crediamo di essere, le “centomila” raffigurazioni che sono nella mente degli altri frantumano l’essenza umana e si diventa “nessuno”. E infine, in questo impeto di pensieri, Vitangelo va in crisi, sconvolto dalla pazzia perché dilaniato dall’idea che gli altri non conoscono la sua vera identità e che, paradossalmente, nemmeno lui, potrà mai conoscere pienamente se stesso. Sconcertato, vittima di incomprensioni, rifiuta la sua stessa personalità, cancellandola definitivamente e allontanandosi dalla società. Il protagonista giunge a una risoluzione estrema: decide di trascorrere il resto della sua vita in manicomio, dove può essere il signor “nessuno”.
E tutto, attimo per attimo, è com’è, che s’avviva per apparire. Volto subito gli occhi per non vedere più nulla fermarsi nella sua apparenza e morire. Così soltanto io posso vivere, ormai. Rinascere attimo per attimo. Impedire che il pensiero si metta in me di nuovo a lavorare, e dentro mi rifaccia il vuoto delle vane costruzioni.
Uno, nessuno e centomila è un romanzo molto attuale; esso porta a termine un percorso riflessivo sulla frantumazione dell’io evocata nel romanzo precedente Il fu Mattia Pascal del 1904. L’immagine di ognuno di noi viene creata da chi ci osserva, da chi ci frequenta; questa è una realtà della vita di tutti i giorni. Quante volte ci siamo sentiti incompresi dagli altri? Quante volte abbiamo sofferto perché la nostra personalità non è emersa realmente, ad esempio, a scuola, sul posto di lavoro o semplicemente con un amico o con una persona cara?
La lezione di Luigi Pirandello scuote i nostri sentimenti, mette a dura prova le nostre convinzioni o, per lo meno, ciò che noi vogliamo sforzarci di credere. Perché, proprio come afferma Luigi Pirandello, nulla è fermo, dunque nemmeno le opinioni degli altri sono le stesse. E l’uomo non può inseguirle, tantomeno cambiarle; leggendo il libro, attentamente, ci accorgiamo che l’autore non vuole offrire una spiegazione ai nostri dubbi, ma smuovere le nostre idee e aiutarci a riflettere. Sta a noi, poi, cercare il modo migliore o più coerente di agire in determinate situazioni o, per lo meno, individuare un percorso lungo il quale disegnare possibili strade alternative ai contrasti della mente umana.
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