La concessione del telefono di Andrea Camilleri: la divertente storia di un grande papocchio raccontata da una penna superba
Siamo a Vigàta, nel giugno del 1891, sono passati trent’anni dall’unificazione italiana e la situazione non sembra ancora chiara. A Filippo Genuardi, piccolo commerciante di legnami ed ex perdigiorno, viene in mente di richiedere la concessione di una linea telefonica per la sua attività. Dopo aver scritto una prima lettera al prefetto di Montelusa, per avere delucidazioni, e non aver ricevuto alcuna risposta, scrive due solleciti.
Tramite un boss mafioso, che s’interessa alla faccenda, il Genuardi scopre di aver sbagliato il cognome del prefetto. Quello in realtà si chiama Marascianno e non Parascianno, che in napoletano significa “membro di notevoli dimensioni”. Il prefetto, insomma, si è convinto che Pippo Genuardi gli abbia dato della testa di c..
A questo punto inizia a succedere l’incredibile. Innanzitutto Filippo Genuardi viene scambiato con un altro F. Genuardi, segnalato da tempo alle autorità come sobillatore e rivoluzionario, e per questo viene perseguitato quasi da tutti: lo Stato, la polizia, i suoi stessi concittadini; gli voltano le spalle perfino i grossisti presso cui comprava la legna. Viene mandato a nascondersi a Palermo, con la scusa di doversi occupare di affari importanti. E la cosa carina è che Pippo Genuardi, di politica, non ci ha mai capito nulla, anzi se n’è sempre tenuto lontano, pensando solo ai fatti suoi.
La concessione del telefono di Andrea Camilleri è una storia in cui ognuno pensa a fare i propri interessi e in cui, come succede quasi sempre, vince chi non ha nessun merito: funzionari statali incompetenti vengono promossi, chi deve pagare la passa liscia e chi si è adoperato nella difesa della verità (compreso il tentativo di scagionare Pippo) viene declassato e trasferito lontano. Addirittura, alla fine, un delitto d’onore per adulterio viene fatto passare per delitto politico, come a dire che le cose bisogna farle quadrare.
Scritto nel 1998, questo è un romanzo di Andrea Camilleri che presenta molte particolarità. Innanzitutto, anche se i personaggi e le situazioni risultano grotteschi e divertenti, la trama è più seria di quanto possa sembrare. L’autore di Porto Empedocle racconta, servendosi dell’ironia e della finzione, ciò che realmente accadeva nel periodo post-unificazione e che purtroppo accade spesso anche oggi. Come dichiarato dallo scrittore stesso, l’idea è venuta fuori grazie al ritrovamento di un decreto ministeriale del 1892 per la richiesta di una linea telefonica. Un ottimo pretesto per raccontare un po’ di storia della Sicilia.
Per quanto riguarda la struttura, non c’è una trama raccontata dal narratore. I capitoli sono divisi in “cose scritte”, cioè biglietti, lettere, circolari degli uffici pubblici o articoli di giornale, e “cose dette”, ovvero le conversazioni che avvengono tra i vari personaggi. L’unica cosa che scandisce il tempo della narrazione è la specificazione della data nelle cose scritte. Il detto e lo scritto si alternano fino alla fine del romanzo, quando poi si mescolano quasi in concomitanza con il definitivo precipitare degli eventi.
Insomma, riuscirà il povero Filippo Genuardi ad avere questa concessione della linea telefonica? Sta a voi scoprirlo leggendo questo piccolo capolavoro di Andrea Camilleri.
VOTO: 9
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