Può capitare che l’azienda chiuda oppure venga venduta ad altri. Se cambia nome, i lavoratori subiscono pregiudizi? Ecco la verità.
Tra le varie prestazioni a cui hanno diritto i lavoratori dipendenti c’è il TFR (il Trattamento di Fine Rapporto), la somma di denaro che viene riconosciuta per ciascun anno di servizio e accreditata alla fine del rapporto lavorativo.
Uno dei dubbi più frequenti riguarda il pericolo di perdere tale misura nel caso in cui l’azienda cambi nome. È raro che questo avvenga per una semplice scelta aziendale di “rebranding“, cioè di pulizia dell’immagine per i clienti e i partner. Nella maggior parte dei casi, infatti, questa variazione è dovuta alla nascita di una società nuova oppure alla cessione dell’azienda.
Per capire le sorti del TFR, bisogna scoprire il motivo alla base del cambio nome. Vediamo quali sono le regole previste dalla legge.
Nell’ipotesi di una variazione del nome di una società, è necessario distinguere tra:
In entrambe le ipotesi, il TFR che è stato maturato dai lavoratori fino ad allora, non può subire alcun pregiudizio e, dunque, è salvo. Il problema è, però, stabilire a chi spetta il pagamento.
Nel primo caso (vendita totale o parziale delle quote), il rapporto di lavoro non è interrotto, ma continua in capo alla nuova impresa che acquista le quote. Di conseguenza, sarà il nuovo datore di lavoro a dover corrispondere il TFR ai dipendenti.
Nel secondo caso, invece, il rapporto di lavoro con la vecchia azienda si interrompe, perché interviene la cessazione dell’attività. Di conseguenza, è previsto anche il licenziamento dei dipendenti e il pagamento del TFR maturato fino a quel momento da parte del vecchio datore di lavoro. Non c’è, dunque, alcuna continuità tra le due società.
Per tali ragioni, bisogna prestare massima attenzione in caso di cambio nome e subentro di una diversa azienda. Nel caso in cui il datore di lavoro non versi il TFR alla fine del rapporto, gli interessati possono ricorrere al Tribunale e richiedere un decreto ingiuntivo contro l’azienda.
Grazie al decreto, potrà essere avviato un pignoramento. Se, però, l’azienda non dovesse possedere beni pignorabili o dovesse intanto fallire, il Trattamento di Fine Rapporto verrà pagato dall’INPS, attraverso il cd. Fondo di Garanzia.
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